Capitolo III - La Matematica italiana nel cinquantennio 1890-1940

Parte 2 - La "grande guerra" e le sue conseguenze



2. La mobilitazione ed i contributi tecnico-scientifici

2.1 I matematici si arruolano
In Italia, alla vigilia della guerra, l’esercito ma anche le istituzioni che dovevano prepararsi al conflitto e l’industria della guerra appaiono assolutamente impreparati all’impresa. Molto lentamente, a partire dal 1915, si assiste a una riorganizzazione generale, che pure non riuscirà a raggiungere quella degli altri paesi europei coinvolti nel conflitto.
Nell’esercito, all’inizio della guerra gli arruolati sono 1.557.000 (1° luglio 1915), mentre negli anni successivi sarebbero stati chiamati alle armi altri 3.316.000 uomini. Qui sotto, nella Tabella I, riportiamo i nomi dei matematici italiani che partecipano, il più delle volte come volontari, alla “grande guerra”:

Tabella I: i matematici italiani mobilitati per la “grande guerra” (il segno • indica i caduti)

  V.Volterra (1860-1940)
A. Viterbi (1873-1917)
E. Carosi (1875-1918)
L. Orlando (1877-1915)
  L. Tenca (1877-1960)   G. Fubini (1879-1943)
Paolo Michel (1879-1916)   F. Severi (1879-1961)
  P. Teofilato (1879-1952)
S. Buoni (1880-1915)
  E. E. Levi (1883-1917)
S. Medici (1883-1917)
R. Torelli (1884-1916)   M. Picone (1885-1977)
  L. Tonelli (1885-1946)   G. Ascoli (1887-1957)
  G. Sansone (1888-1979)   A. Signorini (1888-1963)
  E. Bompiani (1889-1975)   A. Terracini (1889-1968)
  O. Chisini (1889-1967)
E. Senigaglia (1889-1916)
G. Tafani (1890-1918)   G. D. Mattioli (1890-1946)
  G. Andreoli (1892-1969)
A. Pascal (1894-1918)
  Enea Bortolotti (1896-1942)   F. Tricomi (1897-1978)
E. Panzi (? - ?)    


Abbiamo già accennato nell’Introduzione al carattere scarsamente “tecnologico” della prima guerra mondiale e di conseguenza al fatto che gli scienziati vi partecipano come cittadini qualsiasi e patrioti che difendono il loro Paese. E come tali vengono mandati al fronte. Per i matematici accade lo stesso. Al più, gli scienziati (e i matematici in particolare) svolgono una funzione di referee per i diversi progetti presentati dagli “inventori”; eccezioni sono rappresentate dall’esperienza di Volterra con i dirigibili – richiamata come si è visto nella lettera a Hadamard – e dal gruppo di matematici che lavora con Picone nella VI armata; ma di questo parleremo nei paragrafi seguenti.
Se si eccettuano dunque i casi di Volterra e di Picone, i contributi dei matematici sono per lo più individuali e quasi sempre concentrati su problemi di balistica esterna (e della connessa telemetria). Si pensi al fatto che i matematici elencati nella Tabella I erano tutti ufficiali di complemento e tutti erano, agli inizi, assolutamente incompetenti in questioni di balistica (molti di loro conoscevano al più la cosiddetta balistica galileiana o balistica esterna nel vuoto, i cui primi elementi si apprendevano talvolta già nei Licei o negli istituti Tecnici, e si perfezionavano nel corso di Meccanica Razionale del primo biennio di Matematica). Essi però erano degli ottimi matematici, e ciò consentì loro di studiare a fondo i problemi posti e di dare brillanti soluzioni. Come disse Pincherle nella commemorazione di E.E. Levi, in presenza di una solida preparazione teorica, ci volle poco per improvvisare dei tecnici. Il problema sta tutto qui.
Bisogna a questo punto osservare che vari furono gli sprechi di intelligenze matematiche sottoimpiegate a risolvere banali problemi di balistica. È il caso di Tonelli, Tenca e Tricomi e più di tutti, merita di essere segnalato il caso di Eugenio Elia Levi, forse il più importante studioso di analisi complessa del Novecento nel giudizio di Dieudonné, sottoutilizzato in un modesto lavoro di “ingegneria militare”15:

Per un animo eletto, quale fu quello del [Levi], dalla ricerca della Verità, divenuta in ogni occasione un bisogno, nasce il desiderio invincibile del trionfo della Giustizia ed il senso del dovere imprescindibile di farsene l'assertore. Perciò egli non potè rimanere indifferente dinanzi a quel cumulo di menzogne con cui gli aggressori iniziarono il cataclisma che oggi ancora funesta il mondo; egli fu, in Genova, fra i primi e più ardenti sostenitori dell'intervento dell'Italia a fianco delle Nazioni che entravano in lotta per la difesa della libertà e della civiltà, e non appena questo intervento fu deciso, egli volle essere fra i combattenti...
Egli era stato riformato per lieve deficienza di statura. Questa circostanza, e l'altra di essere insostituibile come insegnante di materia fondamentale in una Università, sarebbero state per più d'uno giustificazione sufficiente per dispensarsi dall'accorrere alle armi. Non però per lui. Fece domanda di revisione della riforma, subito dopo la nostra dichiarazione di guerra; ottenne questa revisione, ma solo con qualche ritardo fu assunto in servizio, e chiamato nell'ottobre 1915, come sottotenente, alla istruzione presso il 1° reggimento genio, di stanza a Pavia. Nel dicembre fu rimandato all'insegnamento, e addensò le sue lezioni, con diligenza anche maggiore dell'usuale, nei mesi dell'inverno, per ritornare, alla primavera, ai suoi doveri militari, Alla fine di marzo 1916 faceva domanda per essere richiamato in servizio, ed il 4 aprile si trovava già in prossimità della prima linea, destinato al comando di squadre di lavoratori; in codeste mansioni, per lui tanto nuove, seppe mostrare come una profonda preparazione teorica possa giovare, in chi non difetti delle necessarie attitudini, ad improvvisare anche il tecnico; tanto che dopo pochi giorni, alla metà di aprile, poteva dirigere, con buon esito, la costruzione di una galleria per batteria di artiglieria da montagna sulla quota 1001, presso la stretta di Saga. Negli ultimi giorni di agosto 1916 era promosso tenente e destinato a Plezzo; nel marzo 1917 promosso capitano per merito e inviato a dirigere la costruzione di trincee di terza linea a Robbio presso Creda. Egli però manifestava il desiderio di essere destinato a posizioni più avanzate: il suo desiderio fu appagato e gli fu assegnata la pericolosa posizione del Vodice, [dove si conquistò una medaglia di bronzo al valor militare].
(...) il 28 ottobre 1917 ... una pallottola coglie il Levi alla tempia, sotto all'elmetto... La scienza italiana perdeva, in quel giorno, una delle sue migliori speranze.

Ugualmente significativo, almeno stando al silenzio degli “attori” sulla questione, è il fatto che nessuno, a livello ufficiale, abbia mai pensato di sentire il parere di un fisico-matematico di grande valore quale Levi-Civita che, nel 1906, si era occupato di “balistica terminale” con uno studio sulla penetrazione dei proiettili nei mezzi solidi16. Levi-Civita si occuperà poi di balistica in un complemento al suo Trattato di Meccanica scritto assieme a Ugo Amaldi17 e, in forma minore, in una lettera a Amaldi, suo amico e collaboratore, quando è richiesto di suggerire qualche interessante problema di balistica per far fare “bella figura” al giovane Edoardo Amaldi (1908-1929), un brillante allievo della scuola romana di fisica. Riproduciamo la lettera di Levi-Civita (del 30 agosto 1929), poco più di un esercizio dice l’autore, per sottolineare quanto lontano si poteva andare in direzione dell’approfondimento dei nodi teorici legati ad aspetti applicativi18:

Quanto al lavoretto balistico per Edoardo, rivolto a quel tale fine di considerazione militare, io non ho – lo sai bene – competenza specifica, né tanto meno conoscenza, diciamo così, psicologica dell’ambiente da poter proporre con senso di responsabilità una questioncina, pur modesta, ma adatta allo scopo e alle preferenze dei superiori.
Tuttavia un piccolo studio (poco più di un esercizio, e questo non nuocerebbe) mi si è subito presentato alla mente. Te lo comunico per quello che può valere, affinché tu voglia, se ti pare il caso, indicarlo ad Edoardo con quei commenti che riterrai opportuni, accompagnati comunque, te ne prego, da una esplicita riserva sul valore, inteso in tutti i sensi, del mio suggerimento. E vengo finalmente al quid.
Nella seconda edizione del nostro vol. I sono svolte, alle pp. 412-414 le conseguenze dell’applicazione del metodo delle dimensioni zero alla resistenza incontrata da una lamina rettangolare che si muove entro un fluido viscoso; e si vede apparire il cosidetto numero di Reynolds19, così essenziale nelle moderne ricerche (sperimentali) di idraulica e di aerotecnica.
Non so se una discussione analoga è stata fatta per la sfera e per le forme più comuni di proiettili, nel caso balistico, cercando cioè di mettere in evidenza oltre il srn2 che figura nella espressione di r da noi data a pag. 414), anche il fattore derivante dalla funzione resistente del Siacci (cfr. Vol. II, Cap. II).
Se la cosa non è stata fatta, avrebbe forse interesse di mettere bene in chiaro tutte le possibili influenze, precisando in particolare, nel caso di proiettile di data forma, che cosa diviene la resistenza quando si passa, caeteris paribus, da un calibro ben determinato ad un altro, avente per es. il rapporto di similitudine l.
Mi pare di ricordare che la formula corrente in balistica, riportata anche da noi, almeno nel caso di proiettile sferici, assume semplicemente un coefficiente di riduzione eguale a l (tale essendo l’alterazione dell’area investita). Le cose possono invece essere molto più complesse. E si tratterebbe, se già non è cosa notoria, di farlo rilevare agli artiglieri, proponendo esperienze adeguate.

 

2.2 La tecnologia italiana alla vigilia della guerra: il caso dell’aeronautica

La situazione italiana si presentava, all’atto dell’ingresso in guerra, abbastanza diversa da quella dei suoi alleati. La Francia per esempio, aveva, fin dal 1894, una commissione per l'esame delle invenzioni di interesse militare. Vi facevano parte il fisico Mascart, il chimico Moisson ed il matematico Paul Appell [Pestre 1990]. Nel 1914, proprio all'inizio della guerra, la commissione – trasformata in “Commissione superiore delle invenzioni per la difesa nazionale” – venne rafforzata con la presenza di tecnici, di parlamentari e di accademici. Essa era presieduta dal matematico Paul Painlevé (poi divenuto ministro e sostituito da Borel) e si giovava del lavoro dei matematici Borel, Hadamard, Lebesgue e Montel, e dei fisici Cotton, Langevin, Perrin e Weiss. I lavori intrapresi dalla “Commissione”, che ebbe a sua disposizione laboratori universitari e industriali, riguardarono principalmente argomenti classificabili come “scienza applicata alla difesa” (sistemi di protezione antigas, miglioramento delle tavole di tiro, localizzazione sonora delle batterie nemiche, rivelazione dei sommergibili etc.). In Italia, invece, il processo di rinnovamento del nostro apparato militare era appena agli inizi, come riconosce il “libro di cultura militare” del 1937 (3° vol., p. 125):

(...) negli anni che precedettero il conflitto mondiale una vera ansia di rinnovamento poteva notarsi in tutto il nostro organismo militare, anche per quello che riguardava la coltura: il formalismo praticante aveva ceduto il posto ad un interesse vivo per le discipline militari. Ad altre ragioni – le angustie finanziarie, le sistematiche opposizioni di talune correnti dell'opinione pubblica, la debolezza dei governi del tempo – si dovette, se il processo di rinnovazione dell'esercito italiano non fu così radicale e profondo come sarebbe stato necessario, per potersi adeguare alla nostra cresciuta dignità di grande Potenza.

Malgrado poi il rapido sviluppo dell'artiglieria, si continuarono ad usare le vecchie tavole di tiro elaborate dal generale Francesco Siacci (1839-1907)  trent'anni prima.
Come abbiamo osservato, la mobilitazione avvenne con grande disorganizzazione20 e senza alcuna centralizzazione. Anzi, i primi elementi di centralizzazione avvennero in forma spontanea, come nel caso di Picone e Volterra o, ancor più, come nel caso del “Comitato Nazionale Esami invenzioni attinenti al materiale di guerra” che, costituitosi nel luglio 1915 per iniziativa di Federico Giordano e di “alcuni colleghi”, fu riconosciuto giuridicamente solo nel marzo 1916, quando venne delegato a rappresentare l'Italia nel “Comité interalliés des Inventions”. Fu solo tra la fine del 1916 e gli inizi del '17 che, auspice Volterra [Paoloni 1990], si creerà sul modello francese l'“Ufficio Invenzioni e Ricerche”. Non solo Volterra andò più volte in Francia a studiare il funzionamento degli analoghi “Uffici” francesi, ma intervenne anche in occasione della visita in Italia di Marie Sklodowska-Curie (1867-1934), nell’estate del 1918, per l’impiego del radio (presente in alcuni giacimenti italiani) a fini sia curativi sia militari. Già negli anni precedenti la guerra Volterra aveva tentato di far partecipare la scienziata polacca a qualche riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze (da lui fondata nel 1907). Quando nel 1918, il Governo italiano, tramite Volterra, nel frattempo divenuto Direttore dell’Ufficio Invenzioni e Ricerche, invitò la Curie in Italia, l’invito fu accettato perché la scienziata ormai da quattro anni aveva abbandonato le sue  ricerche personali per mettersi interamente a disposizione della Francia, creando un intero servizio radiologico. Il soggiorno italiano durò quasi tre settimane, dal 30 luglio fino al 18 agosto e si concluse con un rapporto e con la decisione di costituire una Commissione per le sostanze radioattive.21
Dalla relazione Filippi, stesa a fine guerra (1919), risulta che il contributo delle Università al “lavoro di guerra” è costituito dall'opera di ‘resistenza interna’, quella di assistenza sociale e morale ed il contributo di sangue dato da docenti e studenti. Tenuissimo è al contrario il legame tra scienza, industria e apparati militari. Le uniche e documentate eccezioni (a parte l'attività degli Istituti Medici e Farmaceutici) sono costituite dal Politecnico di Milano e, a Napoli, dall'Istituto di Chimica farmaceutica e tossicologica diretto da Arnaldo Piutti.
Al primo la relazione Filippi dedica due dense pagine (355-56):

Per i larghissimi mezzi scientifici di cui dispone l'Istituto tecnico superiore di Milano, diretto dal Senatore prof. Colombo, potè dare alle opere per la guerra un contributo assai notevole, degno di essere ricordato. (...)
Il Laboratorio sperimentale per i materiali da costruzione eseguì durante la guerra più di centomila prove per conto delle autorità militari e degli Stabilimenti ausiliari; funzionò come laboratorio ufficiale della sezione di Milano della Direzione tecnica dell'Aviazione Militare, e prestò servizio per la Marina, il battaglione Aerostieri, lo stabilimento Aeronautico di Roma, la Commissione per le cucine da campo, il Commissariato Militare, ecc. (...) Mediante sussidi del Commissariato dell'aviazione e del Ministero di Armi e Munizioni potè acquistare nuove macchine ed apparecchi. Il suo lavoro consistette specialmente nel collaudo di ogni sorta d'acciai, legnami, cementi, pietre, recipienti per gas compressi, parti di apparecchi aviatori e proietti, ecc. Eseguì anche ricerche e studi per stabilimenti privati, collaudò molte macchine di privati destinate alla lor volta al collaudo di materiali e contribuì alla diffusione del controllo dei materiali, specialmente presso i piccoli stabilimenti privi di mezzi adatti.
La Stazione sperimentale per l'Industria degli olii e dei grassi... mise a disposizione del Ministero della Guerra i laboratori e le officine dell'Istituto. Dal luglio 1915 il laboratorio del direttore divenne Laboratorio chimico della aviazione militare per il controllo delle vernici per aeroplani ed altri prodotti chimici. Quello d'analisi si trasformò in Laboratorio militare dell'Ufficio approvigionamenti, Materie prime, Esplosivi, per il controllo dei grassi, delle glicerine, dei derivati del catrame, dei combustibili liquidi e solidi, ecc.
Per iniziativa dell'Ing. Grand'Uff. Federico Giordano e di alcuni colleghi... si costituì il 19 luglio 1915 il Comitato Nazionale Esami invenzioni attinenti al materiale di guerra. Presto ottenne numerose adesioni da ogni parte d'Italia e in breve il Comitato cominciò a funzionare con la sede centrale a Milano, in rapporto continuo coi dieci comitati costituitisi nelle varie regioni d'Italia. Riconosciuto giuridicamente con D.L. 30 marzo 1916, n. 373, ... potè anche fruire della officina annessa al Laboratorio della cattedra di costruzioni meccaniche. I mezzi per il suo funzionamento furono dati dal Ministero o da sovvenzioni di enti o privati; le sottoscrizioni oltrepassarono le 350.000 lire. Il Comitato esaminò oltre 4000 proposte d'invenzioni attinenti al materiale di guerra, delle quali circa 200 vennero riconosciute notevoli e presentate, previo completamento, alle varie autorità dell'Esercito e della Marina; alcune furono poste in esecuzione. (...) tra l'altro sono da ricordare le relazioni comunicate in via riservata alle autorità e riguardanti le difese delle navi contro i sommergibili, il problema del combustibile e del riscaldamento, la protezione del soldato durante l'azione, ecc. Indisse conferenze tra cui quelle dell'On. Bergeon, sulla guerra sottomarina e del Cav. Usuelli, sulla adozione di piccoli dirigibili.
Costituitosi nel 1916 il Comité interalliés des Inventions sedente in Parigi, Il Direttore Generale del Comitato, il prof. Giordano, ebbe l'incarico di rappesentare in detto Consesso il Governo d'Italia.
La R. Stazione sperimentale per l'industria della carta e studio fibre tessili, istituita in Milano nel 1910 in sostituzione del Laboratorio di ricerche sulla carta, presistente sin dal 1896 presso il R.Istituto tecnico superiore, e diretto dal professore Camillo Levi, ebbe modo, durante la guerra, di affermare particolarmente l'opera propria, cooperando, per  quanto era nella sua competenza, alla preparazione bellica della Nazione. D'iniziativa della Stazione venne istituito un apposito reparto di ricerche e collaudo tele per l'aviazione militare. (...) Il lavoro di collaudo fu assai rilevante; nel 1918 si collaudarono 13.656 pezze con 95.459 determinazioni, senza contare le ricerche chimiche e microscopiche e tutti gli altri lavori affidati dagli industriali.

Meno vasto, ma altrettanto significativo, fu il lavoro svolto da Piutti a Napoli, per il quale la citata relazione Filippi (pp. 345-46) scriveva:

L'Istituto di chimica farmaceutica e tossicologica, diretto dal prof. Arnaldo Piutti, s'assunse l'incarico di produrre la Cloropicrina (nitrocloroformio), che già era stato preparato nel laboratorio di chimica in piccola quantità per la sua esplosività, e da impiegare come lacrimogeno asfissiante nella nostra offensiva di ritorsione contro il nemico. Il difficile problema fu affrontato e risolto. Il materiale e gli operai vennero forniti dal R. Arsenale di artiglieria di Napoli, del quale, agli effetti amministrativi, l'istituto era considerato come una sezione staccata, di cui il prof. Piutti era il direttore, mentre per la parte tecnica fu in un primo tempo in rapporto col Sottosegretariato delle armi e munizioni, quindi, essendosi istituito l'ufficio del materiale chimico di guerra, col Capo ad esso proposto, e infine con la Direzione generale dei servizi chimici di guerra, che, a sua volta, attraverso l'Alto Commissariato delle armi e munizioni, riceveva gli ordini dal Comando Supremo.
In tre anni e mezzo di febbrile lavoro, l'istituto, a poco a poco, si trasformò in un vero e proprio stabilimento di guerra contribuendo nel modo seguente al munizionamento dell'Esercito operante. (...)
L'impianto per la fabbricazione della Cloropicrina servì da modello ad una fabbrica sussidiaria della stessa sostanza, impiantata a Poggioreale (Napoli) ed i dati di fabbricazione servirono per altra che il Ministero volle creare a Piano d'Orte (Abruzzi), non essendo sufficiente alle richieste ognora crescenti del Comando Supremo, la produzione di Napoli.
Notevoli furono anche i rapporti tra l’Istituto e le analoghe organizzazioni negli altri paesi europei. Una Commissione francese ed un'altra inglese visitarono nel primo tempo gli impianti dell'Istituto, attingendovi dati e informazioni per proprio uso, avendo prima l'Inghilterra e in seguito la Francia adottato la Cloropicrina sola o mescolata con altre sostanze per le offensive.
Anche i tedeschi ne fecero ampio uso mescolata al Difosgene.
Più tardi una Commissione giapponese, guidata da S.E. il generale Cikushi, visitò l'istituto, che ebbe infine le visite e le lodi del generale inglese Foulkes, Capo del servizio asfissianti al fronte francese, del colonnello americano Zanetti, del comandante Osamu Kurokawa e del luogotenente comm. H. Krshineoto, della Flotta Imperiale giapponese. (...)

Un altro settore in cui forti furono i rapporti degli scienziati italiani con i colleghi dei paesi alleati è quello della nascente aeronautica. Questa volta l’Italia ha la priorità, perché nel 1908 Arturo Crocco (1877-1968), con l’aiuto determinante di Volterra, aveva fondato l’Istituto Centrale Aeronautico, dove furono tenuti i primi corsi di aeronautica in Italia, seguito a ruota dall’Ecole Nazionale Supérieure d’Aeronautique istituita nel 1909.
Mentre addirittura prima in Europa insieme all’Inghilterra, l’Italia costruì sotto la guida di Crocco una “galleria del vento” nel 1903. Era stata anticipata dagli Stati Uniti che, nel 1901, con Orville e Wilbur Wright avevano fatto i primi esperimenti aerodinamici utilizzando una galleria del vento.
Nel 1906 Crocco sarà autore con altri (tra cui Ricaldoni e Munari) delle prime costruzioni sperimentali di dirigibili nella Brigata Specialisti capeggiata dal 1904 dal Maggiore Moris, “colui al quale l’Italia deve la creazione della sua aeronautica”. Nel 1908 si costruì negli stabilimenti di costruzioni aeronautiche (diviso tra Roma e Vigna di Valle) il primo dirigibile militare italiano (il cosiddetto P.1, i cui autori principali furono Crocco per la parte teorica e Ricaldoni per la parte tecnica) a partire dagli studi di un Idroplano costruito e provato da Crocco. Lo stabilimento aeronautico romano constava di 128 operai civili, 32 operaie sarte e 326 operai militari. Si costruirono anche i dirigibili P.1 (Piccolo), P.2, P.3 (questi ultimi andarono in missione in Tripolitania), l’M.1 (Medio) e poi i P.4, P.5 e M.2.
Non bisogna dimenticare che a Vigna di Valle dal 1909 (su progetto del Tenente Cristoforo Ferrari) esisteva un osservatorio Aerologico Aeronautico, capace di effettuare nel 1912 i primi lanci di palloni sonda.
Prima della costruzione del loro dirigibile militare, Crocco e Ricaldoni si erano recati a Milano da Forlanini che, insieme con Dal Fabbro, stava a sua volta costruendo un altro dirigibile militare, il Leonardo da Vinci, che fu pronto nei primi mesi del 1909 (e a questo seguì a breve distanza il Città di Milano offerto all’esercito e poi altri quattro dirigibili F.3, F.4, F.5 e F.6 che presero parte attiva alla guerra insieme ai dirigibili militari, a parte l’F.6 che fu costruito a fine guerra nel 1918).
Solo per dare un’idea del contesto tecnico in cui si lavorava, riportiamo una relazione richiesta proprio da Ricaldoni, in qualità di Maggiore dell’Istituto Centrale Aeronautico, a due tecnici torinesi sull’orientamento degli aeroplani durante la navigazione notturna22:

All’invito fattoci dal Sig. Maggiore Ricaldoni di indicare quali siano i mezzi migliori per garantire o meglio facilitare specie in navigazione notturna l’orientamento degli aeroplani rispondiamo quanto segue:
L’orientamento notturno di una aeronave può essere facilitato, anzi nella maggior parte dei casi addirittura garantito, con tre procedimenti diversi e cioè:
1° Colla navigazione magnetica alla bussola:
2° Colla navigazione astronomica;
3° Colla navigazione radiotelegrafica.
La navigazione astronomica, il procedimento cioè di individuare con osservazioni e calcoli astronomici le coordinate geografiche del punto proiezione terrestre dell’aeroplano, se da anni dà ottimi risultati da bordo dei dirigibili, deve ritenersi almeno per ora, inattuabile a bordo d’aeroplani per ragioni ben ovvie che è superfluo specificare.
La navigazione per bussola e quella radiotelegrafica, se opportunamente concretate ed organizzate, possono invece risolvere esaurientemente il problema; tanto più se, anzi essere sfruttate separatamente, lo siano invece simultaneamente con una loro logica coordinazione reciproca.
È necessario e sufficiente soltanto:
A) L’installazione a bordo di una buona bussola, ben sistemata e ben conosciuta dal pilota nelle sue deviazioni,
B) L’installazione a bordo di un apparato rt. trasmittente e ricevente,
C) L’esistenza a terra di due stazioni radiogoniometriche;
impianti tutti questi che attualmente sussistono e che per essere sfruttati nell’altro richiedono, come si è detto, che una logica organizzazione.
Tale organizzazione dovrebbe, nei riguardi della bussola, aver di mira:
1) Una sua buona sistemazione a bordo
2) la determinazione, coll’aeroplano in ordine di volo, delle sue deviazioni alla rotta vera rilevata dalla carta; con una eventuale compensazione nel caso di troppo forti deviazioni,
3) Una istruzione molto sommaria ed esclusivamente pratica sull’uso della bussola per gli Uffici osservatori.
Nei riguardi della radiotelegrafia, l’organizzazione dovrebbe riflettersi:
1. All’impianto di bordo di stazioni trasmittenti di portata massima possibile, e di apparecchi riceventi della massima sensibilità.
2. All’impiego di un personale capace della ricezione ad udito, quello stesso che ha l’incarico dell’uso della bussola.
3. All’impiego dei posti radio-goniometrici a terra in unione con stazioni trasmittenti per la comunicazione degli angoli di direzione; o addirittura, come vedremo del punto.
I posti radiogoniometrici e le stazioni trasmittenti dovrebbero essere situate in località  tali da renderne possibile il massimo sfruttamento per le esigenze del nuovo servizio.
Diciamo qui due parole schematiche sul funzionamento dell’organizzazione ora accennata. (...)

Torino 10 Aprile 1916
Cap. Felloni
Prof. Bianchi


Nel 1914, lo stesso Crocco costruì una seconda galleria del vento che risultò molto migliore della precedente (per velocità fino a 200 Km all’ora) e che funzionò fino al 1935, anno in cui fu fondata Guidonia la “città dell’aria”, di cui Crocco fu il principale artefice.
Come si è detto, Volterra ebbe un ruolo determinante nell’organizzazione del settore aeronautico italiano, visti anche i suoi rapporti personali con Crocco. Ma non solo. Egli fu anche un abile sperimentatore e iniziò questa attività parecchio tempo prima dell’inizio della “grande Guerra23. Già nel 1911, infatti, Volterra era stato coinvolto a far parte di una “Commissione” per migliorare la navigazione aerea, come si evince da una lettera del Ministro della Guerra del novembre di quell’anno:

Onorevole Signore,
Sono lieto di informarla che, sulla proposta mia e del Ministro della Marina, con regio Decreto in data 22 ottobre 1911, registrato alla Corte dei Conti il 15 novembre corrente, la S.V. è stata chiamata a far parte della Commissione consultiva per la navigazione aerea, la cui presidenza è affidata al Tenente Generale Comm. Giuseppe Valleris.
Nel darle notizia di tale nomina, esprimo la piena fiducia che V.S. vorrà portare agli studi che la Commissione sarà chiamata a compiere, tutto il suo valido e profondo contributo scientifico.

Tale commissione continuò i suoi lavori, con alcune modifiche dovute all’insorgere della guerra, fino al 1922, quando le sue attività furono trasformate in modo conforme alla nuova situazione post-bellica.
Sempre relativamente all’aeronautica, Volterra fu chiamato a far parte di altri Comitati e Commissioni sorti nel periodo di guerra, come per esempio il “Comitato per il coordinamento ed il perfezionamento del servizio Aerologico” (gennaio 1918).
Ma il fatto che importa più sottolineare è che l’attività di Volterra si è sempre accompagnata a quella del già citato Crocco, suo amico e collaboratore, documentata per esempio da questa lettera di Crocco (da Londra) del 2 aprile 1916:

Illustre Senatore,
Una domenica di sosta spinge il mio pensiero verso l’Italia e, quindi, verso di Lei. Voglia anzi perdonarmi se di tanto ho tardato; e attribuirlo al fatto che io non potevo prevedere una sì lunga permanenza in Inghilterra.
L’accoglienza qui fatta al nostro “G” non poteva essere più lusinghiera. Hanno bisogno di dirigibili (come rileverà dall’accluso articolo) e non hanno alcuna preparazione tecnica per costruirli.
Hanno fatto quindi il miglior viso possibile a un progetto che, sebbene non ancora completo, si presenta tuttavia impostato su basi solide e prevede un rendimento aeronautico eccezionale.
Però occorrerà cambiare lo scopo che noi ci eravamo proposto in Italia, come rileverà dal citato articolo. Qui non vogliono offensiva, ma servizio di esplorazione. Ed inoltre la mentalità inglese non è sprovvista d’inerzia. Nulla è perciò ancora deciso circa la sua costruzione, sebbene tutto lasci supporre che si farà, e, poiché sono già attrezzati, si farà probabilmente in Inghilterra.
Nell’attesa di queste decisioni, complicate dalla difficoltà da parte del governo inglese di soddisfare alle richieste italiane di mitragliatrici, io non so prevedere quanto tempo mi toccherà di rimanere quassù. Penso quindi con nostalgia a tutto il programma che si sta svolgendo costaggiù: sento la mancanza prolungata di quell’appoggio intellettuale che nel nostro scambio giornaliero di idee, guidava la mia mente; e mi oriento, desideroso, verso i collaboratori italiani, e verso Lei, Senatore, con particolare frequenza.
Voglia accogliere tutta la spontaneità di questo mio sentimento e credermi
Dev.mo
Magg.[iore] Crocco

Il programma cui accenna Crocco è quello relativo, appunto, ai lavori sperimentali necessari all’elaborazione di tavole e abachi per il tiro dai dirigibili, ben documentati nelle numerose relazioni tecniche presenti nell’Archivio Volterra.
Ad alcuni di essi, oltre che Volterra, partecipa anche Giulio Andreoli, un suo giovane allievo dell’Università di Roma, e che, da allievo ufficiale del Genio, così gli scriveva il 28 luglio 1915:

Ill.mo Signor Professore
La prego di scusarmi dell’importunarla che fo con questa mia.
Siccome il nostro corso è quasi alla fine (secondo voci che qui corrono, e che mi permetterei di volere pregare di controllarle, se possibile, direttamente al Ministero), La prego di volere indicarmi la via da seguire, onde essere addetto, alla mia nomina, al Batt.[aglione] Specialisti, Sezione Aerodinam.[ica]
Verrei così a trovarmi alla Sua dipendenza, dalla data di nomina sino all’invio al fronte: ciò che per me sarebbe un onore ed un incoraggiamento altissimo.

E in una lettera successiva (del 14 aprile 1916, da Napoli):

Ill.mo Signor Senatore
Le domando mille scuse per il mio prolungato silenzio. Come conseguenza dell’apparecchio ho avuto, e ho tuttora una neuro-mielite del radiale destro, la quale mi ha dato dolori vivissimi e mi ha fatto soffrire d’insonnia.
Ora comincerò la cura elettrica, e forse dopo farò i fanghi. La Mem. del Circ. Mat. è stata corretta: mi hanno aiutato il prof. Marcolongo e l’analista Dr. Palomby.
La ringrazio di tutto quanto Ella ha avuto la bontà di fare per me.

Tuttavia, il giovane allievo, benché non fosse ancora nelle migliori condizioni di salute, così scrive a Volterra, certo di voler rinunciare all’esonero per essere ancora alle sue dipendenze presso l’Istituto Centrale Aeronautico (lettera del 20 novembre 1916):

Ill.mo Signor Senatore
Mi permetto disturbarLa, per portare a Sua conoscenza una possibile variazione nelle mie condizioni.
Il Ministero della P.[ubblica] I.[struzione] ha richiesto al M.[inistero] d.[ella] G.[uerra] l’esonero degli assistenti, per poter sopperire ai bisogni dell’Istruz.[ione] Super.[iore].
Il mio nome è fra quelli proposti per l’esonero.
Però, se da un lato la cosa mi alletta per la prospettiva d’un ritorno in famiglia, dall’altra mi riusciva doloroso lasciare l’ambiente dell’I.[stituto] C.[entrale] A.[eronautico] in cui ho acquistato molte idee pratiche, grazie al Direttore. E, soprattutto, il dovere lasciare la Sua preziosa vicinanza, il Suo continuo interessamento e la Sua direttiva, mi ha indotto ala decisione di rinunciare all’esonero, nel momento in cui tale esonero sarà proposto all’Istituto.
Non so se tale fatto possa avere qualche ripercussione sulla mia posizione presso il M.P.I.; pure, sono convinto di non fare alcun sacrificio, ma di fare bene per me, rinunciando all’esonero stesso ed accettando le conseguenze di tale rinuncia. Il vantaggio intellettuale che ne traggo, supera di gran lunga qualsiasi altro svantaggio.
Mi sarebbe parso scorretto, dopo le prove di benevolenza che Ella durante un anno m’ha dato, il non avvisarLa di tutto quanto avviene: e perciò mi sono permesso scriverLe.

E, infine, una lettera affettuosa di ringraziamento (del 7 luglio 1919, da Napoli):

Illustre Maestro,
Giunto a Napoli, sento il dovere di ringraziarLa ancora una volta della Sua bontà verso di me durante la mia permanenza a Roma.
Le assicuro che dal mio cuore non si cancellerà mai il ricordo di tale pensiero: e mi permetterò aggiungere alla mia ammirazione per il Maestro, anche il devoto affetto per la persona.

 

2.3  Il ruolo di Volterra quale Direttore dell’«Ufficio Invenzioni e Ricerche»

Sul ruolo svolto da Volterra durante la guerra, conviene tener presente anche il seguente ricordo di [Sansone 1977)]:

Io ebbi la singolare fortuna di conoscerlo personalmente durante la prima Guerra Mondiale, a Pero di Pieve nell'aprile 1918, luogo dove allora dirigevo [come ufficiale di complemento] una “sezione fonotelemetrica Cotton-Weiss” per l'individuazione delle batterie austriache installate al di là del Piave su un fronte di otto chilometri. Egli era maggiore di complemento del Genio; aveva ottenuto dalla Francia in uso i miei apparecchi ed era venuto a trovarmi per conoscere se i risultati ottenuti dalla mia sezione erano comparabili con quelli ottenuti dai francesi, e infatti lo furono.

Le parole di Sansone sottolineano il contatto, cui abbiamo già accennato, che Volterra seppe mantenere con l'ufficio di calcolo istituito dal matematico e ministro della guerra Painlevé presso il Deposito d'artiglieria di Parigi, in cui lavoravano, come già si è detto, Borel, Hadamard, Lebesgue e Montel. Furono loro, ad introdurre per primi, nella pratica balistica, le correzioni da apportare ai dati di tiro in funzione delle variabili condizioni fisiche e dinamiche dell'atmosfera e delle variabili condizioni del munizionamento e del materiale.
Questi contatti stanno alla base della istituzione di quello che sarà, nel 1923, l’embrione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), cioè l'“Ufficio Invenzioni e Ricerche”, per il quale Volterra si ispira proprio all’analoga istituzione francese. Abbiamo già anticipato che questo “Ufficio” è stato istituito nel 1917. Dalla lettera seguente, del 27 febbraio 1917, del Sottosegretario per le Armi e Munizioni al Ministro per la Guerra e inviata a Volterra per conoscenza, si evince quanto gli stesse a cuore la fondazione del “nuovo Ufficio” e come il suo punto di riferimento fosse senza dubbio l’analoga Istituzione francese:

Relazione a S.E. il Ministro

Oggetto: Nuovo Ufficio per le Invenzioni

                         Eccellenza,
Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica Istruzione con lettera personale del 2 Novembre u.s. [1916] faceva presente all’E.V. l’opportunità, fattagli rilevare dal Sig. Emilio Borel Capo di Gabinetto del Ministro delle Invenzioni in Francia, di inviare colà un Professore Italiano per prendere conoscenza dei rapporti esistenti fra gli Istituti Scientifici e i Laboratori Universitari con le Amministrazioni Militari in materia di Invenzioni; e proponeva di affidare tale incarico al Senatore Prof. Volterra.
V.E. in adesione a tale proposta, affidava l’incarico specifico al detto Prof. Volterra, il quale, compiuta la sua missione, indirizzava a V.E. stessa una dettagliata relazione sulla organizzazione francese per tutto ciò che riguarda le invenzioni interessanti la difesa Nazionale, concludendo con l’opportunità di mobilitare anche in Italia le forze scientifiche del Paese e di utilizzare le risorse non trascurabili dei numerosi Istituti Scientifici, e ciò con sollievo degli Stabilimenti ed Uffici Tecnici Militari.
Convenendo su tale opportunità V.E. invitava il Prof. Volterra a formulare un progetto in cui fossero meglio precisati gli scopi e le attribuzioni del nuovo Ufficio che si sarebbe a tal fine dovuto costituire, e dal quale fosse risultato di quali Istituti Pubblici e privati ci si sarebbe potuti avvalere pel concorso scientifico o di indole sperimentale.
Il Prof. Volterra di conseguenza presentava a V.E. un progetto organico del nuovo Ufficio Centrale da istituire, del quale egli tracciava ........ i diversi Enti Scientifici nonché della loro sorveglianza, conservando presso detto Ufficio Centrale il movimento statistico e conclusivo di tutte le proposte che dovrebbero pervenire, sì che gli Stabilimenti Militari, già tanto oberati, verrebbero sollevati da un non indifferente lavoro di studio e di esperienze relativamente a invenzioni che, pur interessando la difesa dello Stato, non hanno carattere puramente e strettamente Militare.
V.E. avendo in massima accettato siffatte proposte e convenendo a mio avviso tener presente ciò che è lavoro scientifico da ciò che è proposta pratica e quindi di immediata attuazione, se adatta allo scopo, proporrei costituire un nuovo ufficio per lo esame delle proposte di invenzioni, il quale potrebbe trarre il suo nucleo costitutivo dall’attuale Reparto Invenzioni di questo Sottosegretariato, e che dovrebbe avere il compito di trasmettere senz’altro ai diversi uffici speciali del Sottosegretariato stesso quelle invenzioni di stretto carattere militare o concernenti materiali di Artiglieria, Genio, e Aeronautica sì da conservarne presso di sé la sola traccia statistica, mentre dovrebbe mettersi in diretta relazione coi vari Istituti Scientifici Civili per quanto riguardi lo studio e l’esame tecnico di tutte le altre invenzioni che interessano la difesa del Paese.
Tale criterio di netta separazione di attribuzioni è di una necessità così ovvia da non richiedere alcun cenno illustrativo, mentre riuscirebbe sotto ogni riguardo della massima utilità.
E poiché il Prof. Volterra ha già avuto occasione di vedere da vicino l’organizzazione data in Francia a tale materia, proporrei, nel caso V.E. accedesse a quanto sopra è detto, che fosse chiamato a dirigere il costituendo Ufficio lo stesso Prof. Volterra, il quale meglio di ogni altro potrebbe rispondere all’importante compito che gli verrebbe in tal modo affidato.

L’impegno di Volterra nella strutturazione della nuova istituzione è davvero notevole e vasta e importante la documentazione che lo riguarda. Qui ci limitiamo a documentare, attraverso alcune lettere, altri aspetti del suo ruolo organizzativo.
Da una lettera (dal fronte, 26 gennaio 1917) di Antonio Garbasso a Giovanni Vacca (1872-1953)24:

Caro Vacca,
ho bisogno dei tuoi lumi per risolvere una serie di quistioni che sono state poste a me da un ufficiale d'artiglieria.
a) esiste un trattato di Nomographie del prof. M. d'Ocagne?
b) se esiste, è stato tradotto in italiano? o almeno è stato pubblicato in qualche Rivista italiana qualche articolo sulla nomografia?25
c) se il trattato c'è, e lo si trova a Roma, vuole il prof. Vacca mandarlo al Professor Garbasso, all'indirizzo qui sopra segnato?
Arrivando a Udine ho sentito al Com. Sup. che il Volterra aveva fatto domandare dal Ministero l'autorizzazione a visitare le stazioni ftm. [fonotelemetriche]; speravo dunque di vederlo presto, ma poi non si seppe più nulla26.
Che cosa succede a Pisa e Roma? levami un po’ di curiosità, altrimenti scoppio.
E tu? ti sei presentato? che ti fanno fare? vieni con me?

Da una lettera (del 16 maggio 1917) di Volterra a Michele La Rosa27:

Chiarissimo Professore,
in risposta alle sue lettere del 1 e 4 maggio, sono lieto che Ella dimostri tanta attività e spero che l'opera sua potrà essere di efficace aiuto alla difesa del Paese.
In modo speciale hanno vivamente interessato gli studi che Ella ha intrapreso di un microfono subacqueo, per la segnalazione di navi e sottomarini28. Spero che la prossima chiusura dei corsi di quest'anno scolastico, possa permetterLe di proseguire questi studi che sono particolarmente importanti nelle presenti circostanze.
Per quanto riguarda la proposta di un congegno per lo scoppio dei proiettili sott'acqua contro i sottomarini, la quale pure sembra notevole, la miglior cosa sarebbe che Ella mandasse senz'altro, in doppia copia, una nuova relazione ed i disegni relativi, senza tener conto dei precedenti che non hanno rapporto col nostro Ufficio.
Infine per quanto riguarda lo scudo-corazza Pagano, esiste già in questo Ufficio un parere sfavorevole di uno scudo-corazza-zaino Pagano, presentato il 10 ottobre 1916 ed esperimentato dalla Scuola di Applicazione di Fanteria di Parma. Se si tratta della stessa invenzione, e non di omonimia, non potrebbe esser presa in considerazione, a meno che, nel modello costruito nel suo Istituto, non siano state apportate modificazioni e correzioni a quello già esaminato a Parma.
Nella speranza che le ricerche così felicemente da Lei iniziate, possano presto portare un contributo attivo e fortunato ai lavori di questo Ufficio, Le porgo i miei distinti saluti.

Una conferma dell’impegno di Volterra nell’organizzazione dell’Ufficio e sulla sua conseguente richiesta di fondi al Sottosegretario, si ha nel seguente “Promemoria” scritto da Volterra per il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni (Fondo Volterra, Cartella VI) di cui si riporta uno stralcio:

Il compito di questo Ufficio, sorto con lo scopo di raccogliere ed esaminare le invenzioni relative a problemi interessanti la difesa nazionale, si è molto opportunamente allargato associandovi quello delle ricerche di carattere scientifico e tecnico interessanti la stessa categoria di problemi. Questo secondo compito, ora indicato anche nel nome dell’Ufficio, è assai vasto, perché la guerra moderna, utilizzando più o meno direttamente tutte le risorse industriali del Paese, esige che il rendimento di ciascuna sia spinto al massimo grado.
I problemi da risolvere per il raggiungimento di questo fine possono essere catalogati secondo i tre tipi seguenti:
1) Problemi di carattere puramente tecnico-industriale. Per studiarli si deve scegliere il metodo che più direttamente possa condurre al risultato pratico, ed ogni ricerca relativa, principale o sussidiaria, è limitata al campo dell’applicazione pratica, che si ha in vista.
2) Problemi, il cui enunciato è suggerito dalla previsione di una pratica applicazione, ma che hanno attinenza con questioni di interesse scientifico, ed è quindi opportuno di studiare da un punto di vista generale e comprensivo. Dalla loro risoluzione col vantaggio della tecnica si associa per lo più un’estensione dalle conquiste scientifiche, da cui altre applicazioni possono germogliare più o meno connesse con quella da cui il problema ha tratto origine.
3) Problemi di carattere scientifico, i cui argomenti appartengono al campo della ricerca pura, e che debbono essere studiati indipendentemente dalle applicazioni pratiche che possono derivarne. La storia di queste applicazioni ... sia stato aperto da una scoperta di carattere scientifico, condotta per puro spirito di investigazione, indipendentemente da qualunque prospettiva di applicazione pratica.
I problemi della terza categoria si studiano convenientemente presso i Gabinetti Universitari; quelli della seconda presso i Laboratori forniti di officine dipendenti dalle Amministrazioni dello Stato; quelli della prima presso gli Stabilimenti Industriali.
Lo studio di questi problemi esige in generale l’esperimento.
E’ pertanto necessario:
a) Avere il personale esperto nella condotta di ricerche sperimentali attinenti ai vari argomenti;
b) Disporre di Laboratori convenientemente attrezzati;
c) Di possedere mezzi finanziari adeguati.
Per ciò che si riferisce al capitolo a) questo Ufficio, come è noto all’E.V., è stato messo in condizioni di utilizzare l’opera di Professori ed assistenti universitari e di ufficiali superiori competenti nei vari servizi tecnici dell’Esercito e della Marina. Continuando almeno durante il periodo della guerra ad accrescere man mano a norma del bisogno il personale addetto all’Ufficio, sia secondo questa direttiva, sia chiamando a farne parte e a collaborare ingegneri e tecnici specialisti si ritiene che esso possa soddisfare opportunamente al compito affidatogli.
Per ciò che si riferisce al capitolo b) l’Ufficio può disporre, d’accordo col Ministro della Pubblica Istruzione, dei Laboratori delle Scuole Superiori e, d’accordo con il Ministero, di quelli dipendenti dalle Amministrazioni dello Stato, che sono stati messi a sua disposizione.
Quanto infine ai mezzi finanziari questo Ufficio finora vi ha provveduto chiedendo caso per caso, per qualunque somma anche minima l’autorizzazione a codesto Ministero. Ma, ampliato il programma che all’Ufficio è stato affidato, trasformandolo in Ufficio Invenzioni e Ricerche, emerge evidente il bisogno di fornirlo anche sull’esempio di altri paesi alleati, di uno stanziamento apposito.

Intanto l’Ufficio cambiava rapidamente divenendo sempre più un organo di consulenza scientifica; l’istituzione, già divisa in diversi settori (Ramo Matematico, Ramo Fisico, Ramo Chimico, Ramo Elettrico...) si dotava ora di un gran numero di speciali Commissioni tecniche (Commissione per l’Azoto, Commissione per lo Zinco, Commissione per la Potassa, Commissione per l’Elio, ....). Come Volterra spiegava al sottosegretario del Ministero Armi e munizioni in una lettera non datata (Fondo Volterra, Cartella VI), tali Commissioni ricalcavano l’esperienza di altri paesi ed erano utili per sentire l’opinione di uno specialista quando era necessario:

Commissioni scientifiche dell’Ufficio

A somiglianza di quanto è stato già fatto nei paesi alleati dove i problemi industriali più importanti sono stati esaminati sotto il punto di vista scientifico e tecnico da commissioni di specialisti competenti anche nell’Ufficio Italiano si sono costituite o si stanno costituendo delle commissioni col precipuo scopo dello studio di questi vitali problemi. Hanno svolto l’opera loro e presentato relazione dei loro lavori:
Una Commissione per lo studio della industria dell’acido solforico e della produzione delle materie prime relative per i bisogni italiani e per l’esportazione.
Una Commissione che ha studiato l’attuazione anche in Italia della industria dello zinco elettrolitico compilando un progetto di massima con preventivo del costo e descrizione di un impianto industriale e con proposte concrete atte agevolare l’immediata esecuzione del progetto stesso.
Si è gia costituita ed ha iniziato i suoi lavori un’altra commissione per lo studio del problema della potassa con lo scopo di studiare i metodi più adatti e più convenienti alle particolari condizioni del nostro Paese fra i tanti che sono stati escogitati dagli studiosi e dai tecnici di tutto il mondo civile per sottrarre nell’avvenire la nostra Nazione dalla dipendenza del monopolio dei sali potassici esercitato prima della guerra esclusivamente dalla Germania.
Sono in via di istituzione e stanno per cominciare i loro lavori altre Commissioni per il problema della produzione dell’alcool, per il problema dell’azoto e composto azotati, per il problema dell’utilizzazione delle ceneri di piriti.
Sono come si vede gli argomenti di maggior interesse per l’industria di guerra e del dopo guerra che sono affidati alla consulenza delle commissioni sopra accennate. Le quali traggono tutte il loro nucleo costitutivo dal personale permanentemente addetto all’Ufficio aggregandosi volta per volta e per casi speciali speciali competenze.
Sembra questo il metodo più semplice più rapido, più economico per ottenere che il lavoro delle commissioni porti immediatamente un pratico risultato.

Per sviluppare i suoi progetti e far diventare l’Ufficio un organo sempre più competitivo sul piano scientifico, Volterra aveva bisogno di maggiori finanziamenti e di una ristrutturazione stabile come scriveva in una lettera al sottosegretario del Ministero Armi e Munizioni del 18 giugno 1918 (Fondo Volterra, Cartella VI):

Facendo seguito a quanto ebbi l’onore di riferire alla E.V. ritengo opportuno di esporre quale sia nelle sue linee generali la costituzione dell’Ufficio Invenzioni e Ricerche, quali le relazioni gerarchiche interne ed esterne, quali infine le Commissioni di ricerca dipendente dall’Ufficio ed i compiti alle medesime affidati.
L’Ufficio Invenzioni e Ricerche nacque col modesto compito di esaminare le proposte presentate dagli inventori, ma questo (seguendo l’esempio dei consimili Istituti creati dalle altre nazioni belligeranti) divenne un organo di consulenza scientifica ed industriale a cui tutti i Ministeri, ed a modo speciale quelli militari affidano l’esame di questioni tecniche e pratiche, l’esecuzione di ricerche scientifiche, l’approntamento di progetti di nuove industrie interessanti la difesa e la economia del paese.
Esso è quindi essenzialmente diviso in due servizi, quello delle Invenzioni affidato ad uno speciale corpo di Tecnici e quello delle Ricerche che viene affidato caso per caso a speciali Commissioni nominate con scopi ben determinati.
L’Ufficio fa parte del Ministero Armi e Munizioni e dipende direttamente dal Sottosegretario, secondo quanto fu stabilito dalla sua costituzione e mi è stato confermato dalla E.V. in occasione della mia visita di ieri.
L’Ufficio ha però relazioni coi vari altri Ministeri e specialmente con quello della Marina (a mezzo di apposita Sezione diretta dall’Ammiraglio Avallone e dal Generale Valsecchi del Genio Navale) nonché cogli Uffici analoghi delle Nazioni alleate. Ha perciò suoi rappresentanti a Parigi, a Londra, a Washington, mentre presso l’Ufficio è rappresentato il Governo Inglese e saran presto rappresentati quelli di Francia e degli Stati Uniti.
Il Servizio Ricerche è affidato, come già dissi, a speciali Commissioni, che vengono appositamente costituite ogni qualvolta il Ministero delle Armi e Munizioni o per sua iniziativa o per accordo con altri Ministeri decide di affidare all’Ufficio una speciale indagine teorica o pratica.
Varie di queste Commissioni hanno già espletato l’opera loro, presentate da proposte che furono tradotte in provvedimenti ministeriali. Ricorderò l’opera della Commissione per le materie prime occorrenti alla produzione dell’acido solforico, che propose i provvedimenti tradotti poi in pratica d’accordo tra i Ministeri delle Armi e Munizioni e dell’Agricoltura; così pure ricorderò l’opera della Commissione per la saldatura delle bombe che ha studiato profondamente tale problema in vista specialmente della saldatura delle bombe ed ha favorito lo sviluppo della saldatura elettrica con studi e con indicazioni pratiche, indicando in Milano apposita esposizione per convincere gli industriali della convenienza del nuovo sistema.

Di lì a poco la guerra si sarebbe conclusa e l’Ufficio sarebbe stato chiuso. Ma da questa esperienza Volterra partiva per fondare una nuova istituzione volta sempre di più a unire gli sforzi di matematici puri e applicati; un’istituzione di cui l’Italia post-bellica aveva bisogno per rinascere su basi più solide e far ripartire l’industria nazionale. Si tratta del CNR, di cui parleremo nel paragrafo 3.

 

2.4 Mauro Picone e la VI Armata

Come si è già anticipato, Mauro Picone  (1885-1977) rappresenta forse l'eccezione più rilevante – sicuramente quella in seguito più propagandata29 – rispetto alla situazione di sottoutilizzo degli scienziati al fronte, non tanto o non solo per i suoi apporti tecnici, quanto per le conseguenze che l’esperienza determina nella sua concezione della Matematica.
Allo scoppio della prima guerra, Picone è un giovane formatosi alla Normale di Pisa dove si era laureato nel 1907, avendo avuto (tra gli altri) come maestri, Luigi Bianchi e Ulisse Dini. Fino al 1913 rimane a Pisa, come assistente di Dini. Poi si sposta a Torino, insegnando successivamente nelle Università di Cagliari, Catania, ancora Pisa e Napoli, dove rimane dal 1925 al 1932. Si trasferirà quindi a Roma, che diventerà la sua sede definitiva.
Negli anni precedenti la guerra – come dicevamo – Picone è ancora un giovane “normalista”, da poco laureato. Ha però al suo attivo numerose pubblicazioni con significativi contributi alle equazioni differenziali ordinarie e alle derivate parziali. Ecco come lo stesso Picone racconta la sua esperienza di guerra, nella autobiografia [Picone 1972]:

Chiamato alle armi, con la mia classe (del 1885), nell'aprile del 1916, fui assegnato al 6° Reggimento di Artiglieria da Fortezza, il cui Deposito era a Torino, col grado di sottotenente della territoriale, senza che io avessi mai prestato, in precedenza, servizio militare e avessi mai visto, da vicino, un cannone. Nel luglio del 1916, dopo aver perso un tempo prezioso a fare la scuola a piedi, fui inviato alla fronte di combattimento e assegnato alla Ia Armata, operante sulle montagne del Trentino. In ciò il caso, il puro caso, fu fortunato, poiché bastava che il Comando del Deposito di Torino, anziché alla Ia Armata, mi avesse inviato ad una di quelle operanti in pianura, sull'Isonzo, perché, come si vedrà fra poco, le mie qualità di matematico non avessero avuto modo di rivelarsi subito utili ed io fossi rimasto, forse per sempre, nella concezione puramente speculativa della Matematica.
Dopo un viaggio, quanto mai fortunoso, arrivai, a notte inoltrata, al Comando al quale ero stato destinato e fui subito ricevuto dal Comandante, Colonnello Baistrocchi, che mi aspettava. Questi prese immediatamente a mostrarmi, sulla carta militare al venticinquemila, lo schieramento delle dipendenti nostre artiglierie da assedio, costituite da grossi e medi calibri, situate lungo la Vallarsa e la Vallagra, ad una quota che variava dai 400 ai 1000 metri sul livello del mare, alle quali era stato assegnato il compito di battere il Pasubio e l'Alpe di Cosmagnon e i loro rovesci, capisaldi della difesa nemica, di quota superiore ai 2000 metri, a ridosso dei quali si erano da tempo attestate e trincerate le nostre truppe d'assalto, composte di bersaglieri e. di alpini, e ..., niente di meno, Egli mi chiese, alla fine, il mio parere in proposito! Si può ben immaginare quanto io ne sia rimasto sbalordito! Pensavo: ma come, i nostri artiglieri che fanno la guerra da quasi un biennio, che dovrebbero possedere le più aggiornate nozioni teoriche e pratiche di tattica, apprese alla Scuola di Guerra, hanno bisogno, nell'adempimento dei loro attuali compiti di guerra del parere di un sottotenente della territoriale, che non ha mai visto un cannone, uscito fresco fresco dalle aule universitarie?
Io risposi al Colonnello Baistrocchi, forse anche non riuscendo a celargli il mio stupore, che non possedevo nozione alcuna di artiglieria e, tanto meno, del suo impiego tattico. Ma questi, e con ciò dimostrò di essere all'altezza della situazione, mi disse:

«Si tratta di risolvere un problema di calcolo e lei deve essere in grado di farlo, si tratta di calcolare i dati da fornire alle nostre artiglierie d'assalto, per il tiro contro bersagli per i quali le tavole di tiro regolamentare, che esse possiedono, non sono sufficienti».

Ma, io aggiunsi, non ho neppure nessuna nozione di Balistica, sulla quale, suppongo, devono fondarsi quei calcoli. Allora il Colonnello tirò fuori da una cassetta d'ordinanza un ingiallito voluminoso libro e mi disse:

«Qui c'è il trattato di Balistica di Francesco Siacci, le dò  l'ordine di studiarlo e di ricavarne, entro un mese da oggi, il calcolo dei dati di tiro per le nostre artiglierie d'assedio, contro i capisaldi dello schieramento nemico».

E mi congedò.
Mi misi febbrilmente all'opera, dedicandovi anche la notte, all'incerto lume di una candela e presto riconobbi la giustezza delle opinioni del Colonnello Baistrocchi, pervenendo anche a spiegarmi le difficoltà, nel calcolo dei dati di tiro, incontrate dai nostri artiglieri, che non potevano essere da essi superate.

Si può immaginare, dopo questo successo della Matematica, sotto quale diversa luce questa mi apparisse. Pensavo: ma, dunque, la Matematica non è soltanto bella, può essere anche utile.

Nello stesso anno 1916 Picone ha la fortuna di incontrare casualmente Volterra. Racconta l’evento quarant’anni [Picone 1956]:

Durante la prima guerra mondiale, recatomi per un’improvvisa missione, sul finire del 1916, al Comando supremo del nostro Esercito operante, trovai, in un’anticamera di un ufficio, in paziente attesa d’esser ricevuto, niente di meno che il Senatore Volterra, in divisa di capitano del Genio. Si può immaginare quale fu la mia gioia nell’incontrare l’amato Maestro, dove meno avrei pensato, ma anche la mia sorpresa, nel trovarlo in così umile situazione!
Si discorse a lungo, fu infatti, fortunatamente per me, lunga l’attesa del capitano Volterra della Sua chiamata nella stanza del superiore. Si parlò, naturalmente, della guerra in corso, come semplici combattenti, e dei tanti problemi che un più efficace impiego tattico delle varie armi poneva alla Scienza. Egli, con la Sua solita affabilità e chiara visione delle cose, mi espose le Sue idee sulla necessità di organizzare immediatamente una collaborazione fra Scienza e Tecnica che avesse subito potuto servire ad accrescere la potenza bellica del nostro Esercito, e, in avvenire, a pace raggiunta, coi dovuti perfezionamenti e meditate estensioni, al progresso industriale e sanitario del Paese.
Trovai così un primo, autorevolissimo ed estremamente incoraggiante, consenso all’idea – che mi era sorta al cospetto dei problemi presentatisi alle nostre artiglierie nel tiro dei grossi calibri fra le eccelse vette e le abissali valli delle Alpi nostre – di un Istituto per le Applicazioni del Calcolo (che potei realizzare, circa dieci anni dopo, all’Università di Napoli), destinato, con l’impiego dei più potenti strumenti di calcolo numerico, a sussidiare le scienze sperimentali e la Tecnica, nell’Analisi matematica quantitativa dei loro problemi. (...)

Analizzeremo nel paragrafo seguente le conseguenze e gli sviluppi di queste idee, limitiamoci per ora alla documentazione di ciò che è stato fatto in guerra. E qui sta la genesi di un embrione destinato a crescere: un piccolo istituto di Calcolo, in una sgangherata baracca di legno delle nostre Dolomiti, creato da un matematico formatosi alla rigorosissima scuola pisana di Dini. Ecco come Picone rievoca l’esperienza in un’altra commemorazione, quella di Antonio Signorini30:

Come ho già accennato, il Nostro [Signorini] si è anche occupato di Balistica. Lo ha fatto, intensamente, durante il periodo 1917-1922, spintovi, all'inizio, dalle necessità della nostra artiglieria, rivelatesi nella guerra 1915-18 e, nel 1946, per le Sue funzioni di consulente dell'Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo, che io allora dirigevo. Si è occupato di Balistica esterna e di Balistica interna. A quest'ultima ebbe a dedicarsi, fra il 1917 e il 1918, dopo la disfatta di Caporetto, presso il Comando d'Artiglieria della VI Armata, operante sull'Altipiano di Asiago. Vi fu chiamato, su mia proposta, per far parte di un gruppo di ufficiali, in grado di intervenire, subito e utilmente, sul posto, nella risoluzione di problemi di indole matematica che, numerosamente e improvvisamente, si presentavano nell'impiego tattico delle nostre artiglierie di medio e di grosso calibro. Composero quel gruppo: il Nostro, i matematici Alessandro Terracini, Domenico Mattioli, Gino Cecchini, Arturo Cecconi, l'ingegnere Brusini (valoroso profugo triestino di cui, purtroppo, non ricordo il nome di battesimo) e il sottoscritto, e non posso astenermi dal ricordare che fu l'utile lavoro di applicazione della Matematica alla risoluzione dei problemi dell'Artiglieria operante, compiuto da quel gruppo, a far sorgere l'idea della fondazione dell'Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo, avvenuta nel 1927, presso la mia Cattedra di Calcolo infinitesimale dell'Università di Napoli.
Gli artiglieri comandanti di batterie operanti, di pezzi di medio edi grosso calibro, lamentavano la perdita di velocità iniziale dei proietti da quei pezzi lanciati, dovuta al logorio del pezzi, a causa del quale, il proietto, calcato nell'anima del pezzo, avanzava in essa molto più di quanto avveniva nel pezzo nuovo, determinando un considerevole aumento del volume della camera di scoppio dell'esplosivo. Ebbene, il Nostro, riuscì a calcolare la perdita subita dalla velocità iniziale, impressa al proietto, dallo scoppio dell' esplosivo nella camera dilatata, in funzione dell'avanzamento, che poteva ben misurarsi, del proietto stesso nell'anima del pezzo e nota tale perdita, poteva apportarsi, applicando note formule di Balistica esterna, una correzione dell'angolo di inclinazione del pezzo, sufficiente ad ottenere, nel tiro, la gittata attribuita, alla carica impiegata, dalle tavole di tiro in possesso della batteria. A guerra finita, il Nostro pubblicò i fondamenti termodinamici, analitici e numerici di questo calcolo, in una Memoria dal titolo: «Calcolo della perdita di velocità iniziale dovuta al logorio dell'anima», nel voI. IV del 1919 della Rivista d'Artiglieria e Genio. È da notare che in questa bella Memoria trovasi esposto un nuovo metodo di calcolo approssimato di integrali unidimensionali, che ha una notevole potenza approssimatrice, il quale, nell'Analisi numerica moderna, è noto sotto il nome di metodo di Signorini.

Ed ecco, infine, quello che Picone scrive in una relazione dattiloscritta presentata al Concorso di Analisi per l’Università di Cagliari31:

Col febbraio 1918 assunse il Comando dell’Artiglieria della VIa Armata il Generale Roberto Segre, uno dei più colti e più brillanti ufficiali d’artiglieria del nostro esercito.
Il generale Segre fu uno dei più fervidi fautori dei miei metodi di tiro (leggere le circolari sue, riportate nel Fascicolo I A – Titolo n, 24 – e nel Fascicolo I B – pubblicazione n. 22 – delle Tavole di Tiro di montagna). Egli volle che si procedesse senza indugio a dotare ogni calibro della nostra artiglieria di razionali tavole di tiro compilate sulle nuove basi scientifiche che io avevo posto.
Egli mi fornì di tutti i mezzi che io richiedevo. Al Comando dell’Armata si istituì un vero e proprio ufficio di studii di Balistica, che si seppe poi avere un analogo a Parigi, presso il Deposito d’Artiglieria dell’esercito francese. In questo ufficio di Parigi lavoravano insigni matematici, come il Borel, l’Hadamard, il Lebesgue, il Montel.
Nel nostro ufficietto, sito in una soffitta di una fattoria di campagna, lavoravamo io e i collaboratori che avevo potuto ottenere: il Prof. Terracini (Tenente del Genio), il Dott. Cecconi (Tenente d’Artiglieria), l’Ing. Brusini (Tenente d’Artiglieria), il Dott. Mattioli (S. Tenente di Fanteria), e, più tardi, verso la fine di ottobre del 1918, il Prof. Signorini (Tenente d’Artiglieria), che riuscii a strappare da una situazione, nella quale egli non poteva rendere nulla. Ebbi cinque macchine calcolatrici, calcolatori, disegnatori.
Il lavoro era diurno e notturno in questo ufficio. A questo lavoro si devono le pubblicazioni del Comando d’Artiglieria della VIa Armata elencate fra i miei titoli (...). All’Artiglieria della VIa Armata e a parte delle Armate limitrofe, si fornirono così tutti i perfezionamenti tecnici del tiro che erano stati conseguiti presso gli alleati, realizzando anche, in molti punti, progressi notevolissimi, di fronte ai metodi in uso presso gli alleati.
Non volli mai seguire, ad esempio, per le correzioni del tiro relativo al vento, il metodo del vento balistico, ideato dal Borel e applicato presso le artiglierie francesi e inglesi, metodo che mi apparve subito fondato sopra ipotesi sovrabbondanti. Detti subito metodi perfettamente razionali per tale correzione (cfr. Fascicolo I A e I B), mentre più tardi, nel settembre 1918, dimostrai che il metodo del vento balistico poggiava su ipotesi in contraddizione (...).

Quale conclusione trarre da questa successione di citazioni autobiografiche? Si può dar loro credito o vanno usate con prudenza? E poi: c’è una profonda differenza tra ciò che dice Picone, a posteriori, e l’esperienza fattuale degli altri matematici italiani coinvolti nel conflitto. Anche loro, i vari Chisini, Sansone, Severi..., vengono coinvolti in esperienze simili a quella di Picone. Risolvono vari problemi di balistica esterna e di telemetria, suggeriti dal rapido sviluppo dell'artiglieria e dall'adattamento delle tavole da tiro alle particolari condizioni geografiche che fanno da sfondo ad alcune fasi della guerra. Ma finita le guerra ritornano alla loro normale attività, ... alla matematica pura.
Quello che rende più significativa l'esperienza di Picone – al di là dell'enfasi personale e nazionalistica con cui è raccontata – è racchiuso nell’ultima frase della sua autobiografia. L'illuminazione sulla via di Damasco di una Matematica che “non è soltanto bella” ma “può essere anche utile”, avviene in anni decisivi per la costruzione e il completamento della sua carriera e della sua personalità scientifica. La scoperta dell'utilità della Matematica non rimane così una parentesi destinata sostanzialmente a chiudersi al momento di rivestire gli abiti civili, quando si tratta di riprendere un'attività già ben avviata, ma la caratteristica su cui Picone decide di scommettere per una precisa qualificazione all'interno del mondo matematico. Come vedremo, la fondazione dell'Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) concretizzerà l'intuizione nata proprio negli anni della guerra.
Il contributo di Picone al raffinamento delle tavole da tiro va valutato per quello che è stato: una rara avis in una guerra che ha solo acceso l'immaginario collettivo in tema di futuro e di “modernità”; un'esperienza marginale, all'interno di un evento di ben altre dimensioni; un'esperienza, però, che lascerà tracce profonde nella personalità scientifica di Picone e nell'organizzazione della Matematica italiana.
Considerazioni analoghe valgono per Volterra che, appassionato interventista – come abbiamo visto – quando l'Italia entra in guerra, chiede subito di partire volontario. Nel 1915, Volterra ha 55 anni! Nei mesi successivi, si distingue in rischiose imprese sui dirigibili cui contribuisce anche dal punto di vista tecnico: suggerisce l'uso dell'elio al posto dell'infiammabile idrogeno; predispone il mezzo per i rilievi fototelemetrici; sperimenta personalmente l'installazione e l'impiego a bordo di un cannone del calibro di 65 mm. per il tiro dall'alto verso il basso. Il suo impegno traspare evidente in questa lettera del maggio 1916 a Gösta Mittag-Leffler del maggio 191632:

Lei mi parla d’un congresso di matematica in Svezia quest’anno e di un viaggio in Svizzera durante la primavera [cartolina del 30/4 1916]. Vedo che lei non si è fatta un’idea dello stato d’animo in Italia. Non è il momento di viaggiare. Tutti i nostri pensieri sono volti alla guerra che combattiamo con il più grande entusiasmo a fianco dei nostri alleati e pensiamo solo a rendere più vicino l’istante della vittoria definitiva contro i nostri nemici; siamo sicuri della vittoria e speriamo in un avvenire felice per la nostra patria che non ha esitato a porsi a fianco della giustizia e della libertà. Io sono arruolato e sono ufficiale del Genio. Le mie occupazioni militari e tecniche nel corpo dell’aeronautica assorbono tutte le mie attività. Le mie conoscenze matematiche e fisiche mi sono utili in questo momento.

Una felice sintesi di questa fase dell'attività di Volterra è offerta dalla commemorazione di E. Whittaker (pubblicata nel 1941 tra le Obituary Notices of Fellow of the Royal Society):

Nel Luglio 1914, quando scoppiò la guerra, egli era, come d’abitudine in quel periodo dell’anno, nella sua casa di campagna in Ariccia. Subito la sua mente corse al pensiero che l’Italia doveva unirsi agli Alleati: e in concerto con D’Annunzio, Bissolati, Barzilai e altri, organizzò riunioni e propaganda che furono coronate di successo il 24 Maggio dell’anno dopo, quando l’Italia entrò in guerra. Fu arruolato come tenente del Genio e, sebbene più che cinquantacinquenne, assegnato all’Aeronautica. Per più di due anni egli visse con giovanile entusiasmo nei cieli d’Italia, perfezionando un nuovo tipo di dirigibile e studiando la possibilità di montarvi dei cannoni. Alla fine inaugurò il sistema di sparare da un dirigibile, malgrado l’opinione generale secondo la quale il dirigibile poteva incendiarsi o esplodere al primo colpo. Egli pubblicò anche qualche lavoro matematico relativo alla tecnica aerea e qualche lavoro sperimentale sugli aeroplani. Alla fine di queste imprese pericolose fu menzionato nei dispacci e decorato con la Croce di Guerra.
Alcuni giorni dopo la capitolazione di Gorizia, Volterra vi si recò mentre era ancora sotto il fuoco dei cannoni austriaci per testare gli strumenti italiani di localizzazione sonora delle batterie nemiche. All’inizio del 1917 egli istituì in Italia l’Ufficio di Invenzioni belliche e ne divenne il Direttore, facendo molti viaggi in Francia e Inghilterra per promuovere la collaborazione tecnico-scientifica tra gli Alleati. Egli venne a Toulon e Harwich per studiare la guerra sottomarina, e nel Maggio e Ottobre 1917 prese parte alla discussione di Londra sul Consiglio Internazionale delle Ricerche, quale delegato italiano al Consiglio esecutivo. Egli fu il primo a proporre l’uso dell’elio quale sostituto dell’idrogeno, e ne organizzò la fabbricazione.
Quando nel 1917 alcuni partiti politici – specialmente il Socialista – desideravano una pace separata per l’Italia, egli si oppose strenuamente alle loro proposte: dopo il disastro di Caporetto, aiutò con Sonnino a creare il blocco parlamentare che decise di continuare la guerra fino alla vittoria finale.

La commemorazione di Whittaker introduce quello che, in prospettiva, si rivelerà il maggior contributo di Volterra negli anni della guerra, cui è in parte dedicato il successivo paragrafo.


3. Le conseguenze della guerra