La malaria

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La Fondazione Rockefeller


La Rockefeller Foundation, organizzazione filantropica creata nel 1913 da John Davison Rockefeller e da suo figlio John Davison Jr., proprietari della Standard Oil, fu certamente tra i protagonisti della storia della malaria nell’Italia del Novecento. Dapprima impegnata sul fronte della eradicazione dell’anchilostoma e della febbre gialla, la Rockefeller Foundation affrontò la lotta alla malaria con primi piccoli esperimenti nelle aree rurali del sud degli Stati Uniti, con una strategia che aveva come priorità il controllo della malaria tramite l’eradicazione larvale del suo vettore,  piuttosto che la cura della patologia nei malati; incassati i successi di questi primi interventi antimalarici la Rockefeller espanse la sua azione anche al di là degli USA, nell’America del Sud, in Asia e in Europa Meridionale e Orientale, in particolare promuovendo a partire dagli anni Venti il Verde di Parigi (acetoarseniato di rame) per il suo potere larvicida.  In Italia la fama della Fondazione è certamente legata alla missione di un suo rappresentante, Lewis W. Hackett, iniziata nel 1924 e alla sua stretta collaborazione con il malariologo del Laboratorio di Sanità Pubblica Alberto Missiroli. Tutt’altro che impressionato dal cosiddetto metodo italiano nella lotta alla malaria, Hackett riscontrò da una prima visita della Penisola che la malaria era ancora endemica in molte regioni e in linea con la Fondazione respinse la fiducia italiana nel chinino, da lui considerato un mero palliativo, ed insieme la concezione retrostante a un tale tipo d’approccio. Per una conoscenza epidemiologica delle situazioni locali più approfondita e una migliore organizzazione tecnica, Hackett propose l’istituzione di un ente separato, che si realizzò nel 1925 con la creazione della Stazione Sperimentale per la Lotta Antimalarica, alla cui direzione congiunta erano Hackett e Missiroli. La Stazione sperimentò il Verde di Parigi in varie regioni d’Italia (Paludi Pontine, Calabria, Sicilia, Sardegna, Lucania); la Rockefeller finanziò attraverso il nuovo ente anche la malarioterapia, con la creazione nel 1927 del Centro di Malarioterapia e Malariocoltura presso l’Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà, a Roma.

La Stazione Sperimentale per la Lotta Antimalarica ebbe vita sino al 1934, anno in cui la Rockefeller si ritirò dall’Italia. Sempre in questi anni alla Fondazione si deve il finanziamento alla costruzione di una nuova istituzione, l’Istituto di Sanità Pubblica, in seguito denominato Istituto Superiore di Sanità, i cui lavori iniziarono nel 1929, e al cui interno operava il Laboratorio di Malariologia diretto da Alberto Missiroli, che di fatto assorbiva lo staff della Stazione Sperimentale. Per quanto la preferenza della Rockefeller per una soluzione “tecnologica” del problema malarico non ottenesse risultati impeccabili, come dimostrarono ripetuti rapporti interni, la Fondazione continuò in questo approccio, esportando questo modello strategico sino agli inizi degli anni Quaranta in Nord e Sud America, Europa e Subcontinente indiano. La Seconda Guerra Mondiale determinò un cambiamento nell’operato della Rockefeller: dal 1942, anno che segnò l’inizio dell’intervento statunitense nel conflitto, la Fondazione operò di concerto con le agenzie militari americane, dapprima in supporto della difesa nazionale con un controllo della malaria nelle basi militari, poi sviluppando un programma di controllo dell’infezione nelle zone di guerra.  Proprio la guerra stimolò ulteriormente la ricerca della Fondazione: il chinino e il piretro erano infatti in mano a un mercato controllato dal nemico giapponese, e il Verde di Parigi, per quanto disponibile, si dimostrò inefficace con le zanzare adulte. In Italia nel 1944 fu sperimentato l’uso del DDT a effetto residuo contro la malaria in Campania, estendendo l’uso dell’insetticida utilizzato per combattere l’epidemia di tifo scoppiata nella zona di Napoli nel 1943. Si apriva l’era del DDT, basata su una concezione vecchia quanto la Rockefeller: la lotta alla malaria attraverso uno strumento rapido ed economico, per l’eradicazione della zanzara, prima che della malattia. L’Italia e la Sardegna in particolare ne saranno teatro di sperimentazione nell’immediato dopoguerra, con risultati poco soddisfacenti quanto a disanofelizzazione. La malaria fu comunque debellata, grazie all’uso del DDT coniugato con gli altri metodi di lotta alla malattia sviluppati a partire dal primo Novecento.   

 

Il larvicida "Verde di Parigi", introdotto in Italia nel 1924 dalla Rockfeller Foundation, fu utilizzato fino all'arrivo del DDT (Foto Archivio Guido Casini).

 

Un ufficiale sanitario della Rockefeller Foundation con una famiglia malarica a Caicara in Brasile, nel 1939.
http://profiles.nlm.nih.gov/VV/B/B/C/H/