Indice > Vittorio Erspamer > Inquadramento storico

Le interazioni tra i neuroni e la biochimica del cervello
Vittorio Erspamer: dall’enteramina alla serotonina, ai neuropeptidi

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Luigi Galvani
De viribus electricitatis in motu muscolari.
Commentarius

 

L'eredità di Galvani e Volta nella scienza contemporanea, mostra virtuale

 

 

Attualità di Galvani un saggio di Walter Tega in PDF

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Discorso per il premio Nobel di Sherrington

 

 

Una biografia di Sherrington di W.C. Wilson

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un saggio sulla storia dei recettori di Robert F. Halliwell

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Ehrlich dal sito della fonadzione Nobel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Dale dal sito della fondazione Nobel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Von Euler dal sito della fondazione Nobel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Loewi dal sito della fondazione Nobel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Eccles dal sito della fondazione Nobel

Dagli studi sull’attività elettrica nel sistema nervoso alla scoperta dei neuromediatori chimici


L’attività elettrica nel sistema nervoso: da Galvani a Matteucci

Il padre degli studi sull’attività elettrica nel sistema nervoso è senza ombra di dubbio Luigi Galvani (1737-1798). Galvani si laureava in medicina a Bologna e qui diventava professore di anatomia, succedendo a Leopoldo Caldani. Galvani iniziava a studiare l’elettricità negli animali, fenomeno allora indicato come fluido elettrico, verso il 1770. Per questi studi egli sceglieva la rana, di cui aveva già ampiamente indagato l’anatomia ed arrivando peraltro vicino alla scoperta dell’inibizione vagale, dimostrando nel 1839 che la stimolazione del midollo spinale in alcuni precisi punti poteva causare l’interruzione del battito cardiaco.Abbracciando gli studi sull’elettricità animale, Galvani si inseriva in una tradizione di ricerca in cui la scienza italiana aveva dato eccezionali contributi nei decenni precedenti. Verso la metà del ‘700, ad esempio, Giambattista Beccaria dimostrava che l’elettricità era in grado di evocare la contrazione nel muscolo della zampa degli uccelli. Successivamente Leopoldo Caldani e Felice Fontana aveva esteso queste pratiche sperimentali a molti altri animali e a varie strutture anatomiche, sino alla diretta stimolazione elettrica dei fasci nervosi. Nel tentativo di spiegare i fenomeni dell’irritabilità, propri di tutti i tessuti animali ed in particolare di quelli nervosi, Fontana inoltre aveva ipotizzato che i fluidi nervosi, di cui si supponeva fossero attraversati i nervi, avessero una natura del tutto simile ai cosiddetti fluidi elettrici., all’elettricità.Nel 1780 Galvani allestisce un laboratorio con una completa attrezzatura per lo studio dei fenomeni elettrici nell’animale, acquistando una bottiglia di Leyda e una macchina a frizione per la generazione di cariche elettrostatiche. Gli studi condotti con queste apparecchiature vengono illustrati in ordine cronologico nel De Viribus electricitatis in motu musculari commentarius, uscito nel 1790. Nel corso di queste indagini Galvani rimaneva colpito da alcuni fenomeni singolari. Egli aveva osservato le contrazioni del muscolo di rana al contatto di una lama di coltello ogni volta che la macchina elettrostatica posta nelle vicinanze emetteva una scarica. Fatto ancor più significativo, Galvani aveva accidentalmente rilevato che le stesse contrazioni potevano essere causate indipendentemente dall’azione della macchina elettrostatica e semplicemente toccando contemporaneamente i muscoli della coscia e le fibre nervose lombari con una arco metallico. Egli conduceva in seguito vari altri esperimenti, variando i metalli di cui era fatto l’arco, arrivando agli stessi risultati. Dimostrava inoltre la contrazione dei muscoli poteva essere causata anche innestando il nervo crurale in lesioni prodotte negli arti, con un arco quindi puramente biologico. Per spiegare queste nuove evidenze Galvani postulava che esistesse elettricità nei tessuti animali e che i muscoli fossero in grado di immagazzinare e scaricare l’elettricità convogliata nei nervi dal cervello, comportandosi così come bottiglie di Leyda. A dispetto delle numerose e chiare evidenze presentate da Galvani, l’idea dell’esisetnza di elettricità animale non riuscì ad imporsi nella comunità scientifica del tempo. Anche quando più tardi Leopoldo Nobili (1748-1835) dimostrava la presenza di una sensibile differenza di potenziale tra le parti interne ed esterne dei nervi, si addebitò questo fenomeno ad induzione termoelettrica e l’elettricità animale continuò ad essere negata.Nel 1838, con il galvanometro, nuovo strumento di misurazione elettrica, Carlo Matteucci (1781-1868) rilevava per la prima volta la produzione di corrente elettrica da parte del muscolo, denominandola “corrente propria”. Matteucci aveva così dimostrato che il muscolo non soltanto risponde ad uno stimolo elettrico con la contrazione, ma genera elettricità. La teoria di Galvani veniva in tal modo definitivamente confermata e così posta a fondamento della moderna elettrofisiologia.


Charles Scott Sherrington. Dal riflesso e l’integrazione nervosa alla sinapsi

Le indagini sui riflessi nervosi che vengono condotte tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del '900 esemplificano in maniera eloquente il tipo di approccio sperimentale ed il modello teorico integrazionistico la cui applicazione condusse al definitivo superamento della controversia meccanicismo-vitalismo nella biomedicina e alla nascita della fisiologia della regolazione scientifica e delle neuroscienze. Charles Scott Sherrington (1857-1952) fu una delle figure preminenti in questo settore di studi.
L'educazione scientifica di Sherrington iniziava a Cambridge. Qui egli assimilava l'approccio integrazionistico allo studio dei fenomeni del vivente propugnato dal suo primo maestro, Michael Foster (1836-1907). Nel 1884, Sherrington lasciava Cambridge per la Germania, la nazione all'avanguardia nell'applicazione dei metodi della fisica-chimica allo studio dei problemi biomedici. Frequentò le lezioni di Helmholtz, di Du Bois-Reymond e lavorò ai laboratori di Pflüger, Goltz, Virchow, Koch e di Wilhelm von Waldeyer (1836-1921), il fisiologo cui si deve l'introduzione del termine neurone.
Il problema dell'interazione e della comunicazione tra cellule nervose, era questo, secondo Sherrington, il programma di ricerca fondamentale della neurofisiologia. Egli era convinto che, data la natura stessa del problema, questa ricerca non si potesse affrontare con gli strumenti teorici usati dai fisiologi tedeschi. Sherrington rifiutava, infatti, l'analogia macchina-organismo che improntava in maniera radicale la ricerca in Germania e tutti i rozzi tentativi di riduzione della vita alla chimica-fisica ad essa ispirati. Tale metodologia, secondo Sherrington, era chiaramente incapace di inquadrare teoricamente i concetti di comunicazione e di interazione e conseguentemente impediva di cogliere la specificità stessa del funzionamento del sistema nervoso. Egli, peraltro, aveva chiaramente compreso che l'uscita finale dell'elaborazione dell'informazione nel sistema nervoso è sempre un'azione, molto spesso motoria. Ciò indusse Sherrington ad argomentare, nel suo Man and his nature, che l'origine biologica della mente fosse la sua utilità ai fini della realizzazione degli atti motori. Per questa ragione, lo studio dei processi motori costituisce la chiave migliore e l'approccio più immediato per la comprensione dei meccanismi e delle funzioni del sistema nervoso. Il comportamento motorio, inoltre, al suo più basso livello funzionale, si esprime, come affermò Sherrington, in "unità comportamentali", in elementari, ma sempre integrate, sequenze di movimenti stereotipati: i riflessi spinali. Tali meccanismi, data la relativa semplicità dell'organizzazione neurale che li realizza, costituirono un formidabile modello per la comprensione del sistema nervoso ed in quanto tali, essi furono l'oggetto primario di indagine della lunghissima carriera scientifica di Sherrington.
Qui tuttavia vorremmo evidenziare la parte delle ricerche e delle riflessioni di Sherrington sulla sinapsi. Già prima che la teoria di Cajal sul neurone venisse largamente accettata, Sherrington era convinto che le cellule nervose fossero unità distinte ed indipendenti. Questa convinzione, diversamente da Cajal, derivava da studi sulla degenerazione dei nervi. Egli aveva ripetutamente verificato che la degenerazione delle fibre nervose susseguente ad una lesione limitata a livello corticale aveva una natura circoscritta non diffusa. Questa evidenza era in contrasto con l’idea della rete nervosa diffusa, per la quale, in linea di principio una lesione nervosa si sarebbe dovuta diffondere largamente attraverso la continuità e la fusione delle cellule nervose.Così nel 1897, Sherringotn introduceva il termine synapsis (dal greco giunzione) per indicare il punto di contiguità e discontinuità tra due cellule nervose. Il termine synapsis veniva successivamente modificato in synapse, sinapsi in italiano.
Sherrington considerava la sinapsi un costrutto fisiologico, Era infatti impossibile osservare fisicamente la sinapsi con i microscopi.La sinapsi era così un concetto per spiegare meglio alcuni fatti, come la particolarità dei quadri di degenerazione delle fibre nervose e il ritardo rilevato da Hermann von Helmholtz nella trasmissione del segnale nervoso rispetto ad una ipotetica conduzione esclusivamente elettrica su fibra continua.
La definizione di Sherrington sanciva ufficialmente l'affermazione della teoria neurale di Cajal su quella reticolare proposta da Camillo Golgi (1843-1926), secondo la quale il sistema nervoso è una sorta di rete ininterrotta di fibre. La discontinuità tra cellule nervose postulata dalla teoria di Cajal implicava l'esistenza di processi di comunicazione tra le unità anatomiche del sistema nervoso. Fu Sherrington il primo ad affermare che le sinapsi costituiscono i siti specializzati per la realizzazione di tali processi. La sua riflessione teorica su questi problemi, inoltre, superò ben presto le implicazioni della teoria di Cajal. Il "filosofo del sistema nervoso", così l'aveva definito nel 1931 Leon Asher in occasione del conferimento della laurea honoris causa all'università di Berna, aveva compreso che la comunicazione tra cellule nervose si realizzava attraverso un processo di manipolazione e calcolo dell'informazione. Egli, infatti, aveva correttamente interpretato i fenomeni di eccitazione e di inibizione sinaptica come l'esito di una sommazione algebrica eseguita a livello della membrana del neurone.

 
La dimostrazione della mediazione chimica nella trasmissione nervosa
L'idea di una possibile mediazione chimica nell'impulso nervoso nasce all'interno della teoria delle secrezioni interne, in seguito alla scoperta dell'azione dell'estratto di ghiandola surrenale sul sistema cardiovascolare fatta da Oliver e Schäfer nel 1894. Nel 1904, il fisiologo inglese Thomas Renton Elliot (1877-1961), nel tentativo di interpretare i meccanismi fisiologici di tale fenomeno, ipotizzò che i nervi del sistema nervoso simpatico potessero agire liberando piccole quantità di adrenalina.[1] In questo stesso periodo, il grande fisiologo di Cambridge, John Newport Langley (1852-1925), allora direttore del prestigioso Journal of Physiology, elaborava un complesso modello teorico di trasmissione nervosa chimicamente mediata.[2] Nei suoi studi sull'antagonismo fra nicotina e curaro nelle terminazioni nervose del muscolo di rana, Langley aveva potuto osservare che l'effetto stimolante della nicotina persisteva anche dopo la denervazione. Questo fatto costituiva una notevole anomalia per la teoria elettrica della trasmissione nervosa e dell'eccitazione muscolare. L'interpretazione che ne diede Langley, alla luce degli sviluppi della biologia generale, fu singolarmente predittiva: la mediazione chimica dell'impulso nervoso si realizzerebbe attraverso l'azione di una "sostanza recettiva" che reagisce ai farmaci secondo le leggi della chimica.[3] Il concetto elaborato da Langley fu fondamentale per la definizione della nozione di recettore sviluppata successivamente dall'immunologo Paul Ehrlich a partire dalle sue ricerche sulla specificità immunologica. Tali ricerche portarono il medico tedesco a concepire il progetto della chemioterapia, cioè la ricerca di composti chimici artificiali i microbi patogeni senza danneggiare l'organismo che li ospita.[4]
Un altro formidale ricercatore, allievo di Langley, cominciava in quegli anni a lavorare al problema della trasmissione neurochimica, Henry Hallet Dale (1875-1968). Formatosi, come Sherrington, alla scuola di fisiologia di Cambridge assimilando l'approccio integrazionista di Michael Foster, Dale avvertiva l'importanza della ricerca sui meccanismi con cui si realizza la coordinazione fisiologica ed il relativo scambio di informazioni tra organi che essa comporta.
Nel 1910, Dale indagò, con George Barger, l'azione della noradrenalina,[5] rilevando che essa ha un'attività eccitatrice superiore sulle fibre del sistema nervoso simpatico a quella dell'adrenalina. Tali evidenze, nel contesto della nascente idea della trasmissione chimica, suggerivano che, piuttosto dell'adrenalina, il mediatore nervoso fosse la noradrenalina. Nel loro resoconto, Barger e Dale discutono, in effetti, una simile possibilità, ma tale ammina, sintetizzata nel 1904, all'epoca era poco più di una curiosità chimica, non essendo mai stata rilevata la sua presenza all'interno del corpo (soltanto nel 1946, infatti, la noradrenalina venne identificata da von Euler con il neurotrasmettitore adrenergico).[6]
L'acetilcolina era un'altra delle grandi curiosità chimiche del periodo. Sintetizzata nel 1894 da G. Nothnagel, la sua azione era stata indagata da R. Hunt e M. Taveau, che avevano scoperto il suo potente effetto ipotensivo ed ipotizzato la sua natura endogena. Anche Dale era interessato all'indagine dell'attività farmacologica di tale sostanza, da lui ritrovata in estratti di segale cornuta. Nel 1914, Dale descriveva in un resoconto come l'acetilcolina riproducesse in maniera impressionante gli effetti della stimolazione parasimpatica.[7] Abolendo tali effetti con somministrazione di atropina, inoltre, Dale dimostrava l'azione eccitattrice dell'acetilcolina sulle cellule gangliari e della midollare surrenale. Dale aveva quindi scoperto che l'acetilcolina era una sostanza implicata, pur in diversa misura, nelle funzioni di entrambe le branche del sistema nervoso autonomo, ma tale evidenza rimase inspiegata per almeno vent'anni. Mancava, tuttavia, come per la noradrenalina, la prova che l'acetilcolina fosse un prodotto endogeno, pertanto Dale si limitò soltanto ad ammettere l'importanza di tale sostanza per la comprensione del funzionamento del sistema nervoso autonomo, senza fare menzione ad una possibile trasmissione chimica. Come racconta egli stesso, peraltro, «il clima generale delle opinioni dei fisiologi rimaneva ancora scettico ed esistante [...] l'idea della trasmissione nervosa mediata chimicamente era come una signora che i neurofisiologi frequentavano in privato ma con cui erano riluttanti a farsi vedere in pubblico».[8]
Questo clima di scetticismo verrà finalmente fugato nel dopoguerra grazie all'opera e ad un famoso sogno di Otto Loewi (1873-1961), professore di farmacologia a all'università di Graz, in Austria. Egli, infatti, come ci racconta nella sua autobiografia, sognò, durante la notte di Pasqua del 1920, il protocollo sperimentale col quale dimostrava che la trasmissione nervosa è un fenomeno neuroumorale mediato a livello delle terminazioni nervose da sostanze con azione farmacologica potente e specifica. Stimolando le fibre vagali del cuore di una rana, Loewi riuscì ad isolare una sostanza che, applicata ad un secondo cuore di rana, sembrava riprodurre l'inibizione vagale e perciò fu chiamata Vagusstoff (sostanza vagale).[9] Con la somministrazione di atropina, poi, Loewi dimostrò che si impediscono gli effetti della stimolazione vagale sul cuore donatore ma non la liberazione della sostanza vagale. Trasferendo il perfusato ottenuto con la stimolazione vagale del cuore atropinizzato su un secondo cuore, infatti, egli riusciva ad indurre comunque l'inibizione.
Nel 1929, Henry Dale ed Harold Dudley rilevarono nella milza di bue e di cavallo la presenza di istamina e acetilcolina, dimostrando finalmente che quest'ultima non è soltanto un prodotto di sintesi ma anche una sostanza organica.[10] In tal modo, veniva a cadere, definitivamente, l'obiezione più forte all'idea che l'acetilcolina fosse un mediatore chimico degli impulsi nervosi. Intorno agli anni '30, di conseguenza, la teoria neuroumorale divenne l'oggetto di indagine di molti laboratori di ricerca. Una serie di studi condotti da Dale sui muscoli denervati, ad esempio, dimostravano che l'iniezione o l'applicazione di acetilcolina riproducono esattamente la stimolazione naturale operata per via nervosa. Altri studi evidenziavano l'azione vasodilatatrice dell'acetilcolina su vasi denervati. In base a questi nuovi riscontri, Dale propose che l'acetilcolina potesse costituire il mediatore chimico del sistema parasimpatico e che tutti i fenomeni di trasmissione del segnale nervoso avvenissero attraverso mediazione chimica. L'ipotesi di Dale non venne accolta entusiasticamente dalla comunità scientifica. Per accettare definitivamente la "rivoluzione" nella teoria della trasmissione nervosa, i fisiologi chiedevano un'evidenza conclusiva, l'esperimento cruciale della dimostrazione del rilascio di acetilcolina da parte delle terminazioni nervose. Le difficoltà rimanevano, tuttavia, enormi. La presenza dell'acetilcolina è, infatti, difficile da rilevare, perché nel processo di trasmissione nervosa essa è ovviamente liberata in quantità piccolissime e perché tali quantità, in aggiunta, sono rapidamente scisse ed inattivate dalla colinesterasi.
Un metodo efficace per determinare la presenza di acetilcolina durante la stimolazione nervosa venne messo a punto nel 1933 da Wilhelm Feldberg, un farmacologo tedesco portato da Dale al National Institute for Medical Research di Hampstead. Applicando il suo nuovo metodo, Feldberg, insieme a John Gaddum, dimostrò, nel 1934, il rilascio di acetilcolina a livello delle sinapsi gangliari simpatiche.[11]
Dale aveva finalmente a disposizione le evidenze cruciali di cui aveva bisogno per affermare in maniera definitiva la sua teoria della trasmissione nervosa per acetilcolina. I nuovi dati, inoltre, estendevano il dominio fisiologico di tale teoria anche al sistema nervoso simpatico ed includevano la trasmissione sinaptica.
Nel 1936, infine, nel pieno di una dura battaglia teorica con John Charles Eccles ed i teorici della spiegazione elettrofisiologica della trasmissione sinaptica, Dale e i suoi collaboratori dimostravano sperimentalmente che l'acetilcolina media la trasmissione dell'impulso nervoso nelle fibre dei muscoli scheletrici. Sarà lo stesso gruppo di Hampstead a risolvere tale problema.[12]
Il nuovo settore di indagini aperto da Loewi e Dale si rivelò, in breve, uno dei più proficui programmi di ricerca di tutte le neuroscienze. Nuovi neurotrasmettitori vennero rapidamente scoperti nel sistema nervoso centrale: la noradrenalina, come abbiamo detto, nel 1947; la serotonina, già isolata nell'intestino da Vittorio Ersparmer nel 1937, viene identificata da M.M. Rapport nel 1949; l'acido gamma-aminobutirrico (GABA) e il suo ruolo nella fisiologia delle sinapsi inibitorie encefaliche da Harry Grundfest intorno la metà degli anni '50 ed infine la dopamina.

Note
[1] T.R. Elliot, «On the action of adrenalin», J. Physiol., 1904, 31, pp. xx-xxi.
[2] J.N. Langley, «On nerve endings and on special excitable substances in cells», Proc. R. Soc., 1906, 78 B, pp. 170-74.
[3] J.N. Langley, «On the contraction of muscle, chiefly in relation to the presence of "receptive" substances. I.», J. Physiol., 1907, 36, pp. 347-384; le parti II, III di tale studio saranno pubblicate da Langley in questa stessa rivista nel 1908, mentre la IV parte uscirà nel 1909.
[4] P. Ehrlich, Chemotherapy (1914), in The collected papers of Paul Ehrlich, vol. III, Pergamon Press, Oxford, 1956, pp. 518-26.
[5] G. Barger, H. Dale, «Chemical structure and sympathemimetic action of amines», J. Physiol., 1910, 41, pp. 19-59.
[6] U.S. von Euler, «A specific sympatomimetic ergone in adrenergic nerve fibres (Sympathin) and its relations to adrenaline and noradrenaline», Acta Physiol. Scand., 1946, 12, pp. 73-97.
[7] H.H. Dale, «The action of certain esters of choline, and their relation to muscarine», J. Pharmacol. Exp. Ther., 1914, 6, pp. 147-90.
[8] H.H. Dale, «The beginnings and prospects of neurohumoral transmission», Pharmacol. Rev., 1954, 6, pp. 7-13.
[9] O. Loewi, «Über humorale Übertragbarkeit der Herznervenwirkung», Pflüger Arch., 1921, 189, pp. 239-42.
[10] H. Dale, H.W. Dudley, «The presence of histamine and aceylcholine in ther spleen of the ox and horse», J. Physiol., 1929, 65, pp. 97-123.
[11] W. Feldberg, J.H. Gaddum, «The chemical transmitter at synapses in a sympathetic ganglion», J. Physiol., 1934, 80, pp. 12P-13P.
[12] H.H. Dale, W. Feldberg, M. Vogt, «Release of acetilcholine at voluntary motor nerve endings», J. Physiol., 1936, 86, pp. 353-80; G.L. Brown, H.H. Dale, W. Feldberg, «Reactions of the normal mammalian muscle to acetilcholine and to eserine», J. Physiol., 1936, 87, pp. 394-424.

 

 

 

 

 

Galvani

 

 

Caldani

 

 

Fontana

 

 

Illustrazione esperimenti di Galvani

 

 

Illustrazione dell'arco muscolo-nervo lombare

 

 

 

 

 

 

 

Matteucci

 

 

 

 

 

Sherrington

 

 

 

 

 

 

Foster

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schema del riflesso nervoso

Sinapsi

Helmholtz

Langley

Ehrlich

Dale

Cristallo di acetilcolina

Loewi

Schema dell'esperimento di Loewi

Eccles